Dalla newsletter di Beppe Grillo del 6 settembre vi voglio presentare una lettera di un altro italiano che ha trovato il coraggio per andarsene e dire basta, o forse solo un altro dei tanti esiliati economici di questo paese.
Una storia che assomiglia un po' anche alla mia e a quella di centinaia di migliaia di emigranti di livello che hanno tentato la via alternativa e sono stati accolti a braccia aperte da una società moderna ed avanzata. Non c'è che l'imbarazzo della scelta oggi, visto che oltre ai paesi storicamente meta dei migranti italiani anche Spagna, Irlanda e Grecia hanno fatto notevoli passi avanti mentre noi stavamo a guardare - o forse tornavamo indietro. Nella figura che segue l'andamento del PIL pro capite italiano confrontato a quello spagnolo negli ultimi 15 anni di bugie berlusconiane/d'alemiane.
Allora ne vale la pena di continuare a giocare a guardia e ladri con i berluscones mentre il mondo va avanti e l'Italia resta a guardare? E sapendo che il PD non è un'alternativa vera?
"Ciao Beppe,
sono un cervello in fuga.
Io sono un cervello normale, come tanti altri. Non sono né un cervello di un fisico nucleare, né un cervello di un ingegnere areospaziale, ma nel suo piccolo pur sempre un cervello che ha dovuto fuggire per non impazzire o finire lobotomizzato.
La vita che ora conduco non è male. È una vita ricca di stimoli e di soddisfazioni. Qui dove sono ora un cervello è apprezzato in base ai risultati che riesce ad ottenere e non in base al grado di sottomissione a cui riesce ad arrivare. Purtroppo oltre ad essere un cervello sono anche un cuore, che soffre per aver dovuto lasciare dietro di se una vita che aveva il diritto di vivere. Il diritto di stare vicino alla propria famiglia e ai propri amici, anche loro cervelli pensanti anche loro a rischio estinzione. Il diritto di lavorare nel proprio paese mettendo a frutto il proprio studio e le proprie capacità. Il diritto di vivere nella propria città, di andare al bar ed ordinare “il solito”; di fare la spesa e salutare Eleonora mentre batte alla cassa il prezzo esorbitante delle zucchine importate che hai comprato; il diritto di sapere dove parcheggiare, perché sai che a quell’ora è impossibile trovare parcheggio. Il diritto di vivere cose stupide e banali che però fanno parte di te e alle quali appartieni. Cose dalle quali sei stato separato perché qualcuno (a cui con spirito cristiano gli auguri ogni bene) ti ha costretto a forza di calci in faccia ad abbandonare.
Un saluto"
Una storia che assomiglia un po' anche alla mia e a quella di centinaia di migliaia di emigranti di livello che hanno tentato la via alternativa e sono stati accolti a braccia aperte da una società moderna ed avanzata. Non c'è che l'imbarazzo della scelta oggi, visto che oltre ai paesi storicamente meta dei migranti italiani anche Spagna, Irlanda e Grecia hanno fatto notevoli passi avanti mentre noi stavamo a guardare - o forse tornavamo indietro. Nella figura che segue l'andamento del PIL pro capite italiano confrontato a quello spagnolo negli ultimi 15 anni di bugie berlusconiane/d'alemiane.
Allora ne vale la pena di continuare a giocare a guardia e ladri con i berluscones mentre il mondo va avanti e l'Italia resta a guardare? E sapendo che il PD non è un'alternativa vera?
"Ciao Beppe,
sono un cervello in fuga.
Io sono un cervello normale, come tanti altri. Non sono né un cervello di un fisico nucleare, né un cervello di un ingegnere areospaziale, ma nel suo piccolo pur sempre un cervello che ha dovuto fuggire per non impazzire o finire lobotomizzato.
La vita che ora conduco non è male. È una vita ricca di stimoli e di soddisfazioni. Qui dove sono ora un cervello è apprezzato in base ai risultati che riesce ad ottenere e non in base al grado di sottomissione a cui riesce ad arrivare. Purtroppo oltre ad essere un cervello sono anche un cuore, che soffre per aver dovuto lasciare dietro di se una vita che aveva il diritto di vivere. Il diritto di stare vicino alla propria famiglia e ai propri amici, anche loro cervelli pensanti anche loro a rischio estinzione. Il diritto di lavorare nel proprio paese mettendo a frutto il proprio studio e le proprie capacità. Il diritto di vivere nella propria città, di andare al bar ed ordinare “il solito”; di fare la spesa e salutare Eleonora mentre batte alla cassa il prezzo esorbitante delle zucchine importate che hai comprato; il diritto di sapere dove parcheggiare, perché sai che a quell’ora è impossibile trovare parcheggio. Il diritto di vivere cose stupide e banali che però fanno parte di te e alle quali appartieni. Cose dalle quali sei stato separato perché qualcuno (a cui con spirito cristiano gli auguri ogni bene) ti ha costretto a forza di calci in faccia ad abbandonare.
Un saluto"