"Non importa dove si nasce se si combatte per le stesse idee e si crede nelle stesse cose."
Paolo Borsellino

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lunedì 8 settembre 2008

Commedia all'Alitalia(na): i piloti non ci stanno. Si portino i libri in tribunale!


I sindacati di piloti e assistenti di volo bocciano all'unisono il piano Fenice preparato dalla Banda Bassotti Italiana (dicesi anche "cordata" in politichese), per accaparrarsi il meglio della compagnia a costo quasi zero e rivenderlo al più tardi nel 2013 ai soliti francesi di Air France. Un investimento sicuro per i soliti amici e amici di amici.
Spalmando le perdite su creditori, azionisti, lavoratori e contribuenti italiani.
Secondo il presidente dell'Unione piloti Massimo Notaro: "I piloti ne uscirebbero massacrati. Serve una profonda riflessione da parte della Cai e uno sforzo serio se si vuole arrivare a una soluzione positiva che al momento appare molto lontana". Mentre davanti al Ministero del Lavoro si organizzava oggi un sit-in di assistenti di volo di Alitalia: "meglio Air France o portare i libri in tribunale, non bisogna firmare".
Ecco, cari sindacati, perché fare fallire allora una proposta, quella francese, che possedeva un solido piano industriale?
E perché accordare fino ad ora questo strano credito al solito noto capitalista da strapazzo di Arcore ed ai soliti amici degli amici? Quasi ci fosse ancora bisogno di averne una prova ulteriore.
Di seguito il dossier esaustivo di Gianni Dragoni sul sito online del Sole 24 Ore.
Alitalia: salvataggio della compagnia di bandiera o dei debiti di AirOne di Carlo Toto, forse fortemente esposta con la stessa Banca Intesa, advisor dell'operazione Fenice?
Io dico allora: si, si vada in Tribunale a questo punto.

Alitalia: perché il piano Air France era migliore di quello Fenice
Gianni Dragoni, Il Sole24Ore

"È un confronto perdente, quello tra il piano Passera-Colaninno per la «nuova Alitalia» che è stato accolto con le fanfare dal Governo e l'offerta di acquisto presentata da Air France-Klm nei mesi scorsi, che fu affossata da Silvio Berlusconi in campagna elettorale e respinta dai sindacati. In nessun aspetto la proposta attribuita alla cordata di 16 investitori della Cai, guidati da Roberto Colaninno, già scalatore di Telecom Italia nel 1999 con i soldi della stessa società, migliora il progetto francese. Anzi, numerosi appaiono i peggioramenti, per la compagnia e i lavoratori, per i consumatori, per i contribuenti, per creditori e azionisti. Dalle informazioni disponibili si possono sollevare interrogativi che vanno ad aggiornare il decalogo pubblicato sul Sole 24 Ore il 25 luglio. Inoltre, non è comprensibile quali vantaggi rechi l'integrazione con AirOne, aviolinea privata in difficoltà che Intesa Sanpaolo ha voluto includere nella «nuova Alitalia».

1. I vantaggi dell'italianità
L'elemento da cui è partita l'opposizione politica e imprenditoriale al piano Spinetta era la mancanza di «italianità». Solo questa caratteristica – si disse – sarebbe stata una garanzia per i passeggeri nazionali, le imprese, il turismo, con il mantenimento di un maggior numero di voli intercontinentali e internazionali diretti. Ebbene, le destinazioni della «nuova Alitalia» saranno 65, inferiori alle 84 di Air France. Ci sarà una concentrazione sul mercato nazionale ed europeo (dove si perdono più soldi per l'attacco delle low cost), con pochi collegamenti intercontinentali. I voli a lungo raggio della nuova società oscillano, secondo i primi annunci, tra 13 e 16 destinazioni, contro le 15 previste da Jean-Cyril Spinetta all'inizio e destinate ad aumentare. Per i passeggeri italiani aumenterà la necessità di fare scalo a Parigi, Francoforte o Londra per voli lunghi.
2. Flotta ridimensionata
La riduzione di attività è inevitabile poiché il piano postula che la compagnia derivante dall'integrazione di Alitalia con Air One abbia circa 139 aerei, cioè 100 in meno delle 238 macchine impiegate dai due vettori. Spinetta prevedeva un'Alitalia con 137 velivoli, circa 40 in meno della sua flotta. I francesi inoltre prevedevano di aggiungere un aereo di lungo raggio all'anno dal 2010. Non si conoscono gli impegni di Colaninno in proposito. Poiché Alitalia già ha 175 aerei, più della flotta giudicata necessaria dal nuovo piano, a cosa serve aggiungere AirOne, con i suoi 60 aeroplani? L'aviolinea privata ha ordini per 60 nuovi Airbus 320 che consumano meno dei vecchi Md80 Alitalia. Ma il canone di leasing su questi aerei è molto più alto che sugli altri.
3. Monopolio
L'unione di Alitalia con il principale concorrente annulla quasi tutta la concorrenza sui cieli nazionali. La nuova società avrà mano libera nell'alzare le tariffe, con un beneficio di alcune centinaia di milioni sui conti. Fa sorridere chi sostiene che la concorrenza arriverà dal treno: l'alta velocità, quando arriverà, potrà forse essere un'alternativa sulla Roma-Milano, non sulle altre tratte. L'italianità, insomma, sarà pagata cara dai consumatori.
4. Impegni finanziari
Air France-Klm si era impegnata a versare dentro Alitalia Spa – la società oggi commissariata – almeno un miliardo entro giugno 2008, accollandosi anche circa 1,4 miliardi di debiti finanziari netti che invece il nuovo piano lascia nella bad company. Di fatto, l'impegno di Air France era di 2,4 miliardi circa. E non ci sarebbe stata una bad company da scaricare sullo Stato o sui creditori/azionisti. La Cai ha annunciato un impegno fino a un miliardo. Per ora, i suoi soci hanno versato 160mila euro. E nell'«information memorandum» del Progetto Fenice si legge che il nuovo capitale versato «per cassa» dai soci entro il 2008 sarà di 800 milioni, «soggetto al verificarsi di talune condizioni sospensive». È da chiarire quale sarà la somma effettiva, comunque inferiore al miliardo. Quanto a AirOne, lo stesso documento dice che, attraverso un aumento riservato, conferirà «taluni rami aziendali per un controvalore pari a 300 milioni», che porteranno il capitale a 1,1 miliardi. AirOne non mette soldi. Quali siano i «rami aziendali» il documento non lo precisa. Certo non aerei, perché i suoi jet sono in leasing. L'impegno degli investitori «italiani» è meno della metà dei francesi. Resta un buco di almeno 1,4 miliardi nella bad company: debiti che verranno pagati dallo Stato (si stima per un miliardo), dai creditori, dagli azionisti.
5. La valutazione di Alitalia
Si sostiene che la Cai ha fatto un'offerta di circa 300 milioni per comprare la parte buona di Alitalia, gli slot, il marchio, con gli aerei migliori. Un valore analogo viene attribuito ai conferimenti di AirOne. Non è giustificabile attribuire valori simili a società che non sono comparabili. Ed è risibile che la polpa buona della compagnia pubblica valga così poco. Alitalia possiede slot pregiati a Heathrow, Parigi, Francoforte, Duesseldorf, Madrid che valgono svariate centinaia di milioni. Ha un marchio noto nel mondo, una rete di vendita internazionale. Perché il commissario Augusto Fantozzi non apre una procedura trasparente di vendita, dando anche ad altri (Air France o Lufthansa, ad esempio) il tempo di fare un'offerta? Dovrebbe essere suo interesse massimizzare il ricavato per creditori e azionisti.
6. Il valore di Air One
Il Progetto Fenice non spiega quale sia il beneficio portato da AirOne. La compagnia di Carlo Toto ha una rete sovrapposta ad Alitalia, gli aerei mezzi vuoti e perde soldi: nei primi sei mesi del 2008 il coefficiente di occupazione posti è del 56,8%, il più basso d'Europa tra le circa 30 compagnie dell'Aea (media 74,4%, Alitalia ha il 68,2%). I conti veri di AirOne sono quelli del consolidato di Ap Holding (ApH), la controllante creata a fine 2006 da Toto con una complessa manovra di rivalutazione patrimoniale. Nel 2007 il gruppo ApH ha perso 32 milioni, con un fatturato di 785 milioni. I debiti del gruppo a fine 2007 erano 900 milioni e sono cresciuti a 1,1 miliardi nei primi sei mesi quest'anno. In larga parte si tratta di debiti per acquisire i nuovi A320 che sono collocati in società irlandesi, date in pegno alle banche finanziatrici e affittati a AirOne. Il Progetto Fenice suona come il salvataggio di AirOne e delle banche che l'hanno finanziata. Quali sono gli impegni e le banche esposte con Toto? Si sa di Unicredit, di Morgan Stanley, di sigle tedesche. Ci sarebbe più trasparenza se fosse fatta piena luce sulla reale esposizione verso Toto di Intesa.
7. Flotta e leasing
Alitalia ha 109 aerei in proprietà. La flotta era iscritta nel bilancio 2007, approvato anche dal ministero dell'Economia, per un valore di 1,98 miliardi di euro: è compresa o no la flotta nell'offerta da circa 300 milioni di Colaninno? Nel Progetto Fenice si legge che «la Newco acquisterà dalla vecchia Alitalia 43 aerei per 772 milioni, accollandosi debiti per 522 milioni». Sembrerebbe che questo impegno si aggiunga ai circa 300 milioni offerti per la compagnia. Non si tratta di una valutazione generosa: i debiti legati agli aerei (tra cui 6 Boeing 777 valutati 295 milioni, con 210 milioni di debito accollato) sono mutui per un'attività in funzionamento, allineati ai costi che si avrebbero con il leasing. Nel Progetto Fenice si dice che «Nuova Alitalia non deterrà aerei in proprietà, tutta la flotta sarà gestita in leasing». Nessuna grande compagnia lo fa. Perché questa scelta? Forse per fare cassa vendendo gli aerei e ridurre il capitale versato dai soci? Toto sarà il fornitore privilegiato grazie ai suoi ordini per 60 A320 e realizzerà buoni guadagni con i canoni di leasing.
8. Esuberi
Il piano francese prevedeva 2.120 esuberi. Inoltre 3.300 lavoratori sarebbero rimasti in Az Servizi-Fintecna, con cinque anni di appalti garantiti. La «nuova Alitalia» ha detto che ha bisogno di 14.250 addetti, di cui 2.750 esterni. Poiché il gruppo Alitalia ha 18mila dipendenti e il gruppo AirOne 3 mila, gli esuberi veri sono circa 7 mila.
9. Risparmiatori intrappolati
La Consob ha sospeso azioni e bond Alitalia il 3 giugno, per evitare speculazioni. Così è stato impedito a soci e obbligazionisti di fuggire. Ora le azioni sono carta straccia.
10. Lock up e compensazioni
I 16 imprenditori intendono vendere tra cinque anni e non prima. Tuttavia il vincolo del lock up potrebbe essere aggirato con una ricapitalizzazione fatta da altri soci (per esempio Air France). Ci sono dubbi sugli interessi che hanno mosso i partecipanti alla cordata italiana, oltre alla possibilità di guadagnare rivendendo a un vettore europeo. Benetton e Gavio hanno già ottenuto dal Governo benefici con le nuove convenzioni autostradali."

venerdì 5 settembre 2008

Ho sempre votato la CdL fino al 2006, ma ora ho aperto gli occhi e critico Berlusconi: sono diventato un comunista anch'io!


Quest'oggi vi voglio postare due commenti (semicomici) che sono stati lasciati da un anonimo templare di Arcore su Wikio al pezzo di Oltreconfineonline "Non disturbate Don Silvio! Ad Arcore si lavora senza sosta per noi!".
Anch'io assurto al ruolo di nemico catto-comunista dello stato assieme a Famiglia Cristiana?

"poveri comunisti...
... siete oramai alla frutta! Come rosicate che al governo ci sia Silvio. Noi ti chiediamo un favore, grande Silvio... dopo aver fatto il miracolo cacciando via i comunisti dal Parlamento, falli sparire anche dai siti web come questo, dove le maldicenze su di te pullulano come funghi marci e dove i comunisti si riproducono come topi di fogna. Ti preghiamo, salvaci!"
Anonimo (berluscones)

Ma il berluscones non è soddisfatto. Tre minuti dopo parte con il colpo di grazia, il seguente fendente mortale:

"vi rode, eh comunisti!?...
che ci sia al governo Silvio? Rosicate, rosicate. Silvio, oltre al miracolo di aver spazzato via i comunisti dal Parlamento, falli sparire anche dai siti web come questo. Da tutte le menzogne che spuntano come funghi e da tutti i topi di fogna che si riproducono, ti preghiamo... liberaci dal male!"
Anonimo (berluscones) ci riprova...

Ma io chi sono?
Dopo avere creduto ciecamente alle balle dell'ingresso in campo del Messia nel '94 ho sempre votato per la CdL fino al 2006 (compreso). Per una volta alle regionali pure per la famosa soubrette nipotina del Duce, ora in piccionaia alla Camera con la tessera del PdL. Alle ultime politiche del 2008 per la Destra di Storace - perché sapevo che i miei due voti non si sarebbero andati a sommare a quelli del PdL.
Mi definisco un conservatore liberale.
Ma pronto a discutere con qualunque italiano onesto, ovviamente anche con chi si definisce "comunista", su qualsivoglia tema importante per la Nazione come PACS, immigrazione, prostituzione, regole, giustizia. Senza pregiudiziali alcune.
Il liberalismo lo vivo ogni giorno di persona nel posto di lavoro. Nella forza di una società moderna (quella tedesca) che si sviluppa ad un grado elevatissimo grazie ad una mirabile sinergia tra pubblico e privato, libera iniziativa e stato sociale.
A differenza del signor Berlusconi.
Io non mi sono fatto leggi per fare più affari, per comprare più case, per pagare meno tasse, per togliermi di mezzo tutti i concorrenti della mia impresa. Perché il liberalismo vero vive di regole ma anche stato sociale, informazione e limpidezza nelle azioni. Il liberalismo premia il migliore, non chi versa la mazzetta più elevata o chi ha gli amici più influenti.
Piantiamola con questa truffa del regime che bolla come "comunista" chiunque gli si oppone.
Che i berluscones la smettano una buona volta di dare ascolto solo alle voci del regime come Rete 4 e Libero.

lunedì 1 settembre 2008

Alitalia: il fallimento dell'Italia civile che mostra tutta la ragion d'essere perversa del regime berlusconiano


Nella dramma di questi giorni attorno ad Alitalia riviviamo in diretta un nuovo fallimento dell'Italia civile, prima ancora che il successo personale dell'imbonitore di Arcore.
Le colpe dei sindacati sono state immense.
Ricordo che sono stati i sindacati, e non le balle berlusconiane sulla cordata fantasma, a fare fallire la trattativa del governo Prodi con i francesi che prevedeva meno licenziati e meno patrimonio da liquidare. Insomma meno perdite da porre a carico della comunità.
Ed ora?
Le parole di Colaninno sono state chiare: "non ci potrà essere una normale trattativa con i sindacati, l’alternativa è il fallimento".
Insomma si è voluta giocare la solita partita cieca ed egoistica da parte dei sindacati, ma ora sotto l'occhio relativamente coeso dell'opinione pubblica per via delle condizioni economiche oggettivamente insostenibili per l'azienda, non ci sarà più scelta.
Ciecamente. Perché è stato il sindacato a causare fattivamente la bancarotta dell'azienda mettendo i bastoni fra le ruote davanti alla proposta ragionevole dei francesi e cercando di sfruttare la sortita berlusconiana per trarne il proprio misero vantaggio di parte. Ben sapendo che ogni trimestre passato senza soluzione definita sarebbe costato circa 300 milioni di euro di perdite allo stato in più. Trimestre dopo tirmestre.
Perché in ultima analisi è stato il sindacato a causare le condizioni ultime che tolgono ora al sindacato stesso ogni ulteriore possibilità di manovra. Il sindacato, non le balle di Arcore.
Mettendo ora a Berlusconi la possibilità di mietere una nuova vittoria di immagine, questa volta addirittura internazionale, su un bel piatto d'argento. Proprio come Bassolino fece con il problema spazzatura.
Pensate che Berlusconi si farà sfuggire l'occasione? Io dico di no.
D'altre parte chi altro poteva riuscire a risolvere l'annoso problema Alitalia col classico colpo di scure se non Berlusconi?
Quale altro Presidente del Consiglio poteva decretare l'apertura forzosa delle discariche campane e, se necessario, a colpi di manganellate? Quale altro Presidente del Consiglio poteva fare partire una furibonda campagna ai danni dei "fannulloni" statali per aumentarne la oggettivamente bassa efficienza? Quale altro poteva tagliare i soldi alle forze dell'ordine millantando la prospettiva di avere aumentato la sicurezza del paese?
Poteva l'onesto Prodi in quest'Italia ruffiana e sempre vittima delle solite beghe di cortile? No.
E questo i cosiddetti "salotti buoni" lo sanno. Per questo i salotti buoni appoggiano il baro di Arcore. Perché sanno che è l'unico capace di piegare la partitocrazia parassitaria del paese così come le masse incolte.
Ed eccolo il novello pifferaio magico da Arcore.
E le masse lo seguiranno eccome. Perché le masse fiutano l'uomo che fa. L'uomo che decide come opposto al quaquaraquà partitocratico.
In questo senso forse Berlusconi è proprio l'uomo giusto, oggi, per affrontare la bancarotta di stato che viene.
Ma non rallegriamoci veramente.
Perché il successo di Berlusconi è il fallimento dell'Italia civile e repubblicana.

giovedì 28 agosto 2008

Il regime berlusconiano è mediatico. Esiste un modo per rompere il monopolio della TV nel plasmare ed indottrinare l'opinione pubblica?


Nel corso delle mie consuete sortite per il mondo dei bloggers ed in genere per la rete mi sono imbattuto in un certo numero di post e commenti interessanti.
Vorrei riproporvi un articolo di Umberto Eco del 2004 dal blog Voglio Scendere per introdurre un tema importante: quello del monopolio del mezzo televisivo come mezzo di propaganda e indottrinamento del popolo, vera forza fondante del regime berlusconiano (o veltrusconiano?) dei giorni nostri.
È vero, l'influsso di internet, dei giornali, delle radio è assolutamente marginale oggi. "Dicano quello che vogliono" - sembra essere il motto di Arcore - perché il loro peso sommato è comunque minimale.
Ma allora che fare per controbattere il sistema monopolizzato della TV di regime? Che fare?
Per ora vi lascio la domanda aperta, in attesa di tornarci su in uno dei miei prossimi post. Certo è che noi bloggers dobbiamo trovare il modo di venire fuori da questo mondo digitale incompleto. Perché la società reale è la fuori, la società reale non è qui dentro.
Buona lettura del magnifico, quanto lungo articolo di Umberto Eco.

Le regole del potere nel regime mediatico

Umberto Eco, Repubblica gennaio 2004
"Una settimana fa ricorreva il mio compleanno e, con gli intimi venuti a festeggiarmi, ho rievocato il giorno della mia nascita. Benché dotato di eccellente memoria, quel momento non lo ricordo, ma ho potuto ricostruirlo attraverso i racconti che me ne facevano i miei genitori.
Pare dunque che, quando
il ginecologo mi ha estratto dal ventre di mia madre, fatte tutte le cose che si debbono fare in tali casi, e presentatole il mirabile risultato delle sue doglie, abbia esclamato: "Guardi che occhi, sembra il Duce!". La mia famiglia non era fascista, così come non era antifascista - come tanta della piccola borghesia italiana prendeva la dittatura come un fatto meteorologico, se piove si esce con l'ombrello - ma certamente per un padre e per una madre sentirsi dire che il neonato aveva gli occhi del Duce era una bella emozione.
Ora, fatto scettico dagli
anni, inclino a credere che quel buon ginecologo dicesse la stessa cosa a ogni madre e a ogni padre - e guardandomi nello specchio mi scopro piuttosto simile a un grizzly che non al Duce, ma non importa. I miei erano stati felici di apprendere che assomigliassi al Duce. Mi chiedo che cosa potrebbe dire un ginecologo adulatore oggi a una puerpera. Che il prodotto della sua gestazione assomiglia a Berlusconi? La piomberebbe in uno stato depressivo preoccupante. Per par condicio, assumo che nessun ginecologo sensibile direbbe alla puerpera che suo figlio appare paffuto come Fassino, simpatico come Schifani, bello come La Russa, intelligente come Bossi, o fresco come Prodi. Il ginecologo avveduto direbbe piuttosto che il neonato ha gli occhi penetranti di Bruno Vespa, l'aria arguta di Bonolis, il sorriso di Christian De Sica (e non dirà che è bello come Boldi, spavaldo come Fantozzi, o - trattandosi di femmina - sexy come Sconsolata).
Ogni
epoca ha i suoi miti. L'epoca in cui sono nato aveva come mito l'Uomo di Stato, quella in cui si nasce oggi ha come mito l'Uomo di Televisione. Con la consueta cecità della cultura di sinistra, si è intesa l'affermazione di Berlusconi (che i giornali non li legge nessuno mentre tutti vedono la televisione) come l'ultima delle sue gaffes insultanti. Non lo era, era un atto di arroganza, ma non una stupidaggine. Mettendo insieme tutte le tirature dei giornali italiani si raggiunge una cifra abbastanza derisoria rispetto a quella di coloro che guardano solo la televisione. Calcolando inoltre che solo una parte della stampa italiana conduce ancora una critica del governo in carica, e che l'intera televisione, Rai più Mediaset, è diventata la voce del potere, Berlusconi aveva sacrosantamente ragione. Il problema è controllare la televisione, e i giornali dicano quel che vogliono. Questo è un dato di fatto, ci piaccia o non ci piaccia, e i dati di fatto sono tali proprio perché sono indipendenti dalle nostre preferenze (ti è morto il gatto? è morto, ti piaccia o no). Sono partito da queste premesse per suggerire che nel nostro tempo, se dittatura ha da esserci, deve essere dittatura mediatica e non politica. È quasi cinquant'anni che si scriveva che nel mondo contemporaneo, salvo alcuni remoti Paesi del terzo mondo, per fare un colpo di stato non era più necessario allineare carri armati ma bastava occupare le stazioni radiotelevisive (l'ultimo a non essersene accorto è Bush, leader terzomondista arrivato per sbaglio a governare un Paese ad alto tasso di sviluppo). Ora il teorema è dimostrato. Per cui è sbagliato dire che non si può parlare di "regime" berlusconiano perché la parola "regime" evoca il regime fascista, e il regime in cui viviamo non ha le caratteristiche di quello del ventennio. Un regime è una forma di governo, non necessariamente fascista. Il fascismo metteva i ragazzi (e gli adulti) in divisa, eliminava la libertà di stampa e mandava i dissidenti al confino. Il regime mediatico berlusconiano non è così rozzo e antiquato. Sa che si controlla il consenso controllando i mezzi d'informazione più pervasivi. Per il resto non costa niente permettere a molti giornali (sino a che non li si possano acquistare) di dissentire. A che cosa serve mandare Biagi al confino, per farne magari un eroe? Basta non lasciarlo più parlare alla televisione. La differenza tra un regime "alla fascista" e un regime mediatico è che in un regime alla fascista la gente sapeva che i giornali e la radio comunicavano solo veline governative, e che non si poteva ascoltare Radio Londra, pena la galera. Proprio per questo sotto il fascismo la gente diffidava dei giornali e della radio, ascoltava radio Londra a basso volume, e dava fiducia solo alle notizie che pervenivano per mormorio, bocca bocca, maldicenza. In un regime mediatico dove, diciamo, il dieci per cento della popolazione ha accesso alla stampa di opposizione, e per il resto riceve notizie da una televisione controllata, da un lato vige la persuasione che il dissenso sia accettato ("ci sono giornali che parlano contro il governo, prova ne sia che Berlusconi se ne lamenta sempre, quindi c'è libertà"), dall'altro l'effetto di realtà che la notizia televisiva produce (se ho notizia di un aereo caduto è vera, tanto è vero che vedo i sandali dei morti galleggiare, e non importa se per caso sono i sandali di un disastro precedente, usati come materiale di repertorio), fa sì che si sappia e si creda solo quello che dice la televisione. Una televisione controllata dal potere non deve necessariamente censurare le notizie. Certamente, da parte degli schiavi del potere, appaiono anche tentativi di censura, come il più recente (per fortuna ex post, come dicono quelli che dicono "attimino" e "pole position"), per cui si giudica inammissibile che in una trasmissione televisiva si possa parlare male del capo del governo (dimenticando che in un regime democratico si può e si deve parlare male del capo del governo, altrimenti si è in regime dittatoriale). Ma questi sono solo i casi più visibili (e, se non fossero tragici, risibili). Il problema è che si può instaurare un regime mediatico in positivo, avendo l'aria di dire tutto. Basta sapere come dirlo. Se nessuna televisione dicesse quel che pensa Fassino sulla legge Tale, tra gli spettatori nascerebbe il sospetto che la televisione taccia qualcosa, perché si sa che da qualche parte esiste un'opposizione. La televisione di un regime mediatico usa invece quell'artificio retorico che si chiama "concessione". Facciamo un esempio. Sulla convenienza di tenere un cane ci sono all' incirca cinquanta ragioni pro e cinquanta ragioni contro. Le ragioni pro sono che il cane è il miglior amico dell'uomo, che può abbaiare se vengono i ladri, che sarebbe adorato dai bambini, eccetera. Le ragioni contro sono che bisogna portarlo ogni giorno a fare i suoi bisogni, che costa in cibo e veterinario, che è difficile portarlo con sé in viaggio e così via. Ammesso che si voglia parlare in favore dei cani, l'artificio della concessione è: "È vero che i cani costano, che rappresentano una schiavitù, che non si possono portare i viaggio" (e gli avversari dei cani vengono conquistati dalla nostra onestà), "ma occorre ricordare che sono una bellissima compagnia, adorati dai bambini, attenti contro i ladri eccetera". Questa sarebbe un'argomentazione persuasiva in favore dei cani. Contro i cani si potrebbe concedere che è vero che cani sono una compagnia deliziosa, che sono adorati dei bambini, che ci difendono dai ladri, ma dovrebbe seguire l'argomentazione opposta, che i cani però rappresentano una schiavitù, una spesa, un impaccio per i viaggi.
E questa sarebbe un'argomentazione persuasiva contro i cani.
La televisione procede in questo modo. Se si discute della legge Tale, la si enuncia poi si dà subito la parola all'opposizione, con tutte le sue argomentazioni. Quindi seguono i sostenitori del governo che obiettano alle obiezioni. Il risultato persuasivo è scontato: ha ragione chi parla per ultimo.
Seguite con attenzione tutti i telegiornali, e vedrete che la strategia è questa: mai che dopo l'enunciazione del progetto seguano prima i sostegni governativi e dopo le obiezioni dell'opposizione. Sempre il contrario. Un regime mediatico non ha bisogno di mandare in galera gli oppositori. Li riduce al silenzio, più che con la censura facendo sentire le loro ragioni per prime. Come si reagisce a un regime mediatico, visto che per reagirvi bisognerebbe avere quell'accesso ai media che il regime mediatico appunto controlla? Sino a che l'opposizione, in Italia, non saprà trovare una soluzione a questo problema e continuerà a dilettarsi di contrasti interni, Berlusconi sarà il vincitore, piaccia o non piaccia."

martedì 26 agosto 2008

Alitalia: Ci avviciniamo all'atto finale della truffa annunciata


Alitalia: siamo ormai all'atto finale della truffa all'italiana che finirà con la suddivisione della fallimentare compagnia di bandiera in due compagnie, una cosiddetta "buona" capitanata dal solito noto Roberto Colaninno, e facente capo alle attività più profittevoli del passato gruppo con AirOne, ed una "cattiva" destinata alla rottamazione. "Le strade su cui si sta lavorando sono due. La prima prevede una modifica della Marzano, l'affidamento di Alitalia ad un commissario, che dividerebbe le attività buone dalle cattive per poi cedere alla cordata italiana le prime e avviare al fallimento le seconde. L'altra ipotesi invece è che sia il cda di Alitalia a deliberare la divisione della società. In questo caso la bad company andrebbe a finire a Fintecna, società al 100% del Tesoro, che si assumerebbe l'onere della liquidazione".
Fintecna?
E Fintecna chi è? Non siamo forse noi Fintecna? Non pagheremo forse noi, tutti gli onesti contribuenti, il risultato della truffa politica della cordata che doveva venire fuori in tre sole settimane?
Rivedremo mai i 300 milioni di euro di debito ponte?
E non lo pagheranno anche i piccoli azionisti di Alitalia il risultato del fallimento politico, dopo che mai sono stati tenuti in considerazione nelle trattative private tra la banda di governo e i soliti amici, e gli amici degli amici? I piccoli azionisti non demordono però: "Siamo pronti a fare la class action già dal primo gennaio" annunciano Elio Lannutti di Adiconsum e Rosario Trefiletti di Federconsumatori "Sta succedendo come con il Banco di Napoli dove 12.000 miliardi di debiti sono finiti a carico dello Stato e tutti i privati si godranno gli utili".
Che diranno infine i 6-7 mila dipendenti che dovranno perdere il posto, dopo che il vecchio piano di cessione ad Air France vedeva i francesi assumersi il debito di Alitalia e solo circa 2300 dipendenti andare a casa?
E che dire dell'ulteriore perdita di credibilità politica all'estero dove le cose si sanno per davvero e non si mistificano e nascondono come in Italia? "Così domani i vertici di Intesa infatti sono a Parigi per incontrare il top management di Air France-Klm e presentare i contenuti del piano. Ufficialmente Air France della nuova Alitalia non sa e non vuole sapere nulla e alle indiscrezioni risponde con un "no comment".
Servono soldi.
Ed ora il cagnolino scondinzolante torna dal padrone.

domenica 17 agosto 2008

I primi 100 giorni del governo secondo il Financial Times Deutschland [testo tradotto integralmente]


Il 14 agosto scorso il Financial Times Deutschland esce con un dossier sui primi 100 giorni del governo Berlusconi IV. Così come il Newsweek. Ma mentre i media italiani, e davanti a tutti il Corriere della Sera, danno notevole spazio al superficiale contributo degli americani, l'articolo dei tedeschi passa in sordina. Perché?
Mi sono dato la briga di tradurre il testo integralmente.
Il tono critico è qui ben evidente, leggete da soli. Il grassetto è mio.
Nella scelta di mettere in secondo piano il circostanziato dossier del FTD siamo nuovamente di fronte ad una scelta editorale di una (dis)informazione supina e amica dei potenti. Boicottiamola.

Lo Show di Silvio
di Andre Tauber (Milano), 14 agosto 2008

Silvio Berlusconi è da 100 giorni nuovamente capo del Governo. E da 100 giorni si comporta come se facesse qualcosa. Gli italiani ancora gli credono.

Una opportunità come questa non se la lascia scappare certo il professionista della comunicazione Silvio Berlusconi. Dopo un incontro con il Prefetto della regione in Piazza Carolina a Napoli si fa accompagnare dalla giovane donna dal soprabito alle luminanze al neon. Una spazzina. Il Presidente del Consiglio non attende a lungo, afferra una scopa e si rivolge alla telecamera. I divertiti passanti applaudono. Berlusconi si fa festeggiare come spazzino-capo della città. È l'ultima visita a Napoli prima della sua vacanza estiva.
Il settantunenne è per molti cittadini il salvatore della città. Berlusconi ha promesso loro prima dell'inizio del suo terzo mandato che la spazzatura avrebbe finito di accumularsi per le strade di Napoli. Tuttavia il giubilo della folla arriva un po' troppo presto. È vero che le strade sono pulite perché due discariche sono state aperte come pianificato da tempo, tuttavia come afferma uno dei precedenti commissari straordinari per la spazzatura in Campania Andrea Losco: "Ci vorranno anni prima che crisi passi definitivamente". Servono altre discariche, inceneritori e un sistema di separazione dei rifiuti.
E come a Napoli accade in tutto il paese. Il governo si guadagna il ringraziamento dei cittadini per delle cose che non sono state fatte per niente. Saranno 100 giorni il venerdì che viene - ed in questo tempo Berlusconi ha più che altro dato segnali, trasmesso ai suoi la convinzione che egli può cambiare l'Italia.
In realtà egli non ha cambiato ancora nulla. Da 100 giorni il Metodo-Napoli comanda anche a Roma: si festeggiano successi ancora prima che vengano raggiunti.
Prima di tutto è il governo da solo a festeggiare.

Alitalia è un altro caso. La compagnia aerea è ad un passo dal fallimento.
Per salvarla Berlusconi promette da mesi di tirare fuori una cordata di imprese italiane "Abbiamo già trovato investitori" ripete il capo del Governo come un mantra. Il capo dell'azienda produttrice di scarpe Geox, Mario Moretti Polegato, che nei giornali veniva dato come uno dei possibili creditori già sbottò in luglio "Troppe parole". Nessuno pensa ad investire quando il governo non prepara un piano ragionevole per il salvataggio di Alitalia.
Fino ad oggi non è ancora chiaro chi farà parte della cordata. Una sola cosa è certa: la ricerca degli investitori per ora è costata 300 milioni di euro ai contribuenti del fisco. Il governo ha dovuto investirli nell'azienda per salvarla dal fallimento.

Allo stesso modo viene inscenata la politica finanziaria dagli uomini di Berlusconi. In giugno ha proclamato il Ministro dell'Economia Giulio Tremonti che il Governo si è accordato su un piano triennale dopo nove minuti e mezzo di discussione. "Lo abbiamo controllato con il cronometro" dice Tremonti. Le finanze dello Stato dovranno essere alleggerite di 36 miliardi di euro. Tuttavia molti esperti sono dell'idea che il Governo non ce la farà a realizzare questo ambizioso piano. "Ho dubbi che il governo seguirà un serio programma di tagli", afferma Susana Garcia, economista per l'Italia della Deutsche Bank. I governi Berlusconi non sono mai stati bravi nel risparmiare. Il professore milanese Tito Boeri, uno dei più capaci economisti del paese, ritiene il pacchetto come una "manovra senza speranza" dato che non prevede alcuna riduzione delle tasse e del carico fiscale. In questo modo una recessione è inevitabile.

L'economia italiana è, dopo l'assunzione dell'incarico da parte di Berlusconi, per la prima volta dopo tanto tempo andata in terreno negativo. Il governo ha ufficialmente stimato per il 2008 una crescita dello 0,5%, tuttavia molti economisti si attendono un dato negativo.
Il ministro Tremonti in ogni caso continua con le sue generose promesse. Afferma che verrà incontro alle famiglie che soffrono per i bassi salari, un'elevato carico fiscale ed una forte inflazione. Promette 20 mila case popolari nell'anno che viene, un bonus bebè e la riduzione della burocrazia, così come un sistema fiscale più giusto.
Tuttavia fino ad ora non è stato fatto nulla. Solo una nuova tassa per il settore dell'energia e della finanza. Teoricamente si dovrebbero sostenere le famiglie con questa "Robin Hood Tax", così ha promesso il governo. Ma dei 4 miliardi di euro in realtà soltanto poche centinaia di milioni saranno impiegate nella diffusione di carte sociali. L'opposizione ha parlato di elemosine e "pauperismo".

Berlusconi si è già proiettato sul prossimo tema. Egli annuncia ora il prossimo ritorno dell'Italia all'energia nucleare, da cui circa 20 anni fa si era usciti definitivamente. Il piano è teoricamente accetto al 60% della popolazione. Tuttavia "l'importante questione è dove si costruirà un tale impianto", rileva l'esperto per l'energia e l'ambiente Francesco Gullì. Nessuno ne vorrà avere uno nelle proprie vicinanze. Nel frattempo il governo ha anche allo studio la costruzione di un impianto tradizionale in Albania. Il che non rappresenta alcun ritorno all'energia nucleare. D'altra parte Berlusconi da per scontato il ritorno all'energia nucleare come cosa più che sicura.

"Ne abbiamo abbastanza di proclami riguardanti il futuro", afferma Dario Scalella. Il quarantaseienne conduce un'azienda che costruisce parti di elicotteri a Napoli e contemporaneamente dirige una rete regionale sotto la conduzione della banca Unicredit in un progetto che cerca di mettere assieme il mondo imprenditoriale con quello finanziario. Scalella da un lato abbraccia calorosamente gli obiettivi di Berlusconi, d'altra parte fin'ora non vede concreti risultati: "Ci piacerebbe una volta vedere una conferenza dove si dice: Abbiamo fatto questo."
Altri si spingono oltre con la critica. "Fino ad ora la politica economica non ha giocato alcun ruolo vero presso il governo", critica Boeri. Il che è rovinoso per un paese che ha bisogno assoluto di riforme. Da decenni la produttività del lavoro aumenta troppo lentamente, salari e tasso di crescita continuano a scendere in confronto ai paesi vicini della Unione Europea, il tasso di occupazione ristagna ad un livello basso.
Nell'anno che viene persino i greci supereranno l'Italia in quanto a PIL pro capite. La nazione si dibatte in una profonda crisi ed avrebbe bisogno ora di nuove idee.

Qui Berlusconi ha la possibilità di agire in modo deciso. Lo si è visto nella politica della sicurezza dove, sotto la sua egida, qualcosa è stato fatto. Ora gli stranieri possono essere espulsi più rapidamente, l'immigrazione illegale viene punita più severamente. E dall'inizio del mese 3 mila soldati [in realtà solo mille, visto che gli altri 2 mila sono impiegati in cpt e ambasciate, nda] pattugliano le città per aiutare la polizia e proteggere i cittadini.

Ma prima di tutto Berlusconi ha pensato alla sua di sicurezza. Con parole inequivocabili il Parlamento ha deciso che d'ora in poi il Capo del governo godrà di piena immunità. Finchè egli resta al governo del paese non potrà essere accusato da alcun giudice. La gioia di Berlusconi è stata conseguentemente grande. "Finalmente non devo passare più tutti i sabati in compagnia dei miei avvocati", ha affermato giubilante il patron dei media che da ultimo avrebbe dovuto comparire davanti ai giudici per corruzione. L'opposizione protestò - e a Piazza Navona a Roma dimostrarono in 20 mila.

Tuttavia fino ad ora la maggioranza degli italiani crede al Presidente del Consiglio. Il governo è più popolare di ogni altro che l'ha preceduto negli ultimi 40 anni. Secondo un sondaggio dell'Istituto Euromedia il 62% dei cittadini è soddisfatto del governo. Gli italiani descrivono questo come una "luna di miele" con gli elettori. "Gli italiani gli concedono un bonus di fiducia", afferma Roberto Weber, capo dell'Istituto di ricerca SWG. "Credono che Berlusconi può superare la crisi." Il demoscopo Renato Mannheimer completa: "Alcuni pensano anche che egli abbia addirittura fatto qualcosa per davvero."

Le prime prove critiche per Berlusconi lo attendono in autunno. Allora bisognerà trovare una soluzione per Alitalia. La Finanziaria verrà discussa in Parlamento. Inoltre Berlusconi ha in mente una riforma dell'ordinamento giudiziario così come una riforma federalista che certamente provocherà divisioni all'interno del governo. Perché i ministri del sud povero continueranno a fare affidamento sull'aiuto finanziaro del ricco nord. In autunno anche Napoli tornerà ad essere un tema importante per Berlusconi. Allora serviranno nuove discariche. Ma dove? Presso la piccola cittadina di Chiaiano, dove una discarca dovrebbe sorgere, i lavori sono stati interrotti per "motivi tecnici" - per la gioia degli abitanti e del loro sindaco. "Non pensiamo proprio che dall'autunno qui si scaricherà nuovamente spazzatura", è stato detto dall'amministrazione della città. Ci saranno allora ancora applausi per Berlusconi a Napoli?

venerdì 15 agosto 2008

Nuovo sospetto apprezzamento del Corriere della Sera a Berlusconi: Perché i poteri forti sostengono il Cavaliere Berlusconi?

Sfogliando i siti online di alcuni quotidiani italiani mi sono imbattuto sulla prima pagina di oggi del Corriere della Sera.
Nuovo sconcertante panegirico a Berlusconi, nuova eco del giornale di famiglia "Il Giornale", come se non bastasse la posizione monopolistica del clan di Arcore nell'ambito dell'informazione.
Il Cavaliere sorridente che parla di bollo auto e bonus bebè: "li abbiamo promessi per la seconda parte della legislatura, saranno attuati gradualmente e compatibilmente con le possibilità di bilancio, dopo aver riavviato la crescita economica e rimesso in ordine i conti dello Stato". Ancora su Alitalia: "L’Alitalia è stata una bandiera dell’Italia che rinasceva dopo la seconda guerra. La nuova Alitalia sarà la bandiera di un Paese che esce dal tunnel di una lunga crisi". Naturalmente senza contraddittorio. Perché la pessima capacità del Cavaliere di tenere i conti dello Stato in ordine la si è già vista dal 2001 al 2006.
Naturalmente il Cavaliere nel suo monologo non ci spiega dov'è finita la cordata italiana che doveva nascere nell'arco di tre settimane e se rivedremo un giorno i 300 milioni di euro del prestito ponte.
Già nei giorni scorsi mi sono chiesto come mai il Corriere abbia dato allo scadente pezzo del Newsweek così tanto spazio, ma non ne abbia dato per esempio agli articoli critici verso il governo come quelli circostanziati dell'Economist dei giorni scorsi.
Come mai la poca risonanza alla legittima critica di Famiglia Cristiana sul lavoro solo di facciata del governo, mentre la presa di posizione diplomatica del Vaticano è cliccabile appena sotto l'articolo su Berlusconi, come a dire "il Vaticano approva la linea del governo"?
Più importante il consueto fasullo monologo del giorno dell'imbonitore di Arcore che il bell'articolo di Giovanni Sartori sulla salute del Pianeta Terra (cliccabile appena sotto)?
Insomma che gioco gioca il Corriere della Sera e con esso il potentato dei forti poteri economici dietro di esso?
Pensano ormai i poteri forti che Berlusconi sia ormai la unica speranza di uscita da una situazione economica e finanziaria pressochè disperata?
Pensa questo anche il PD, a cui il Corriere sembra essere molto vicino?
Dopo l'abdicazione di un' opposizione e di un Presidente della Repubblica che non si oppone, ora anche l'abdicazione di una stampa libera e non asservita?

giovedì 14 agosto 2008

La rabbia della Casta negli occhi pieni d'odio di Frattini



Paura e odio irriducibile di Casta si leggono negli occhi del Ministro degli esteri Frattini di fronte alle insistenti domande dell'intervistatore della BBC Stephen Sackur.
Che cosa bizzarra una informazione libera eh, caro Frattini?
Purtroppo spezzoni integrali sono solo disponibili in lingua inglese sotto i seguenti links (Frat1 Frat2). Invito chi vuole ad andarseli a vedere.
L'intervistatore incalza su vari temi dall'immigrazione, alla sicurezza, a Bossi, al Trattato di Lisbona. Su varie questioni si può dibattere e Frattini ha il diritto/dovere di rispondere. Sull'immagine dell'Italia paese generalmente razzista si può dibattere; personalmente non sono d'accordo, almeno riferendomi all'italiano medio e confrontandolo col tedesco o l'inglese medio - che io ritengo in genere meno tolleranti. Ma non è quello il punto. Il punto vero è un altro.
Il punto vero è che il nostro Ministro degli Estero non è proprio abituato a rispondere a domande vere e non preconfezionate.
Il punto vero è che in Italia certe domande non vengono nemmeno poste.
Ve lo ricordate il pietoso monologo di Berlusconi sullo scomparso Enzo Biagi "mi sono battuto perché Biagi non lasciasse la televisione" in cui zerbino Riotta non interruppe il monologo del padrone?
Se questo è il genere di spazzatura che gli italiani si devono bere ogni giorno, allora non è poi sorprendente il degrado morale e, di conseguenza, materiale in cui il paese imperversa.
Solo una informazione libera può attivamente partecipare alla creazione di un paese efficiente e sano ove le malefatte di governanti e dirigenti di livello vengano puntualmente portate all'attenzione dell'opinione pubblica.
L'informazione dovrebbe controllare non obbedire.
Ma questo il signor Frattini evidentemente non lo sa.

domenica 10 agosto 2008

Per la serie "a volte ritornano": La spazzatura che resiste nonostante le balle di Berlusconi

Mi scrive la cara Anna da Aversa mandandomi alcune foto prese l'8 agosto 2008 in giro per il centro della città.
Aversa è una bella cittadina in provincia di Caserta, sindaco Domenico Ciaramella del Centro-destra al secondo mandato. Il centro-città dista soltanto 20 km dal centro di Napoli, quindi soltanto circa 10 minuti in auto dal capoluogo partenopeo, eppure le foto che seguono mostrano una situazione spazzatura grave e ben lontana dall'essere risolta.
La foto che segue è stata scattata al Parco Coppola in Viale degli Artisti. Si fa notare che di fronte a questo cumulo di spazzatura c'è la Caserma dei Carabinieri di Aversa.



La seconda foto mostra ancora Parco Coppola dal lato di Piazza Bernini. "Qui a qualsiasi ora del giorno vengono buttati, anzi sarebbe meglio dire lanciati, sacchetti di spazzatura e altro... senza nessun controllo."



La terza foto mostra Via Vito di Jasi. "Accanto c'è una clinica (clinica San Paolo). Questa è la strada principale di Aversa. È la strada che poi ti porta al centro. Questo è solo uno dei tanti cumuli che ci sono lungo il percorso."



Cara Anna, avendo tu scattato le foto a pochi minuti di distanza, è chiaro che non sei dovuta andare tanto lontana a immortalare i tuoi cumuli, che in ogni caso dici essere numerosi per le vie. Cumuli accanto alle stazioni dei Carabinieri, cumuli agli ingressi delle cliniche!
Questo non fa altro che confermare che il comunicato del governo secondo cui l'emergenza spazzatura sarebbe finita non è stato altro che la solita operazione di facciata.
Ma noi non ci siamo cascati.
Spero che foto come queste ed altre siano riprese da altri bloggers e fatte girare il più possibile.

sabato 9 agosto 2008

Berlusconi ridicolizzato dai cronisti americani in occasione della cerimonia dei giochi


Pubblico senza commento il seguente articolo tratto dal sito online del Corriere della sera.
E fortunatamente gli USA sono amici dell'Italia!

"Troppo anziano per andare a Pechino - Non sono stati risparmiati neanche gli atleti italiani: mostrati per pochi secondi come quelli del Mali e Gabon"

New YorkItalia che conta poco, Italia da barzelletta. E’ questa l’immagine che milioni di americani hanno ricevuto venerdì sera nel guardare la cerimonia d'apertura dei Giochi di Pechino, trasmessa durante il prime time, - con una differita di ben 12 ore - dalla NBC. Che ha sborsato 894 milioni di dollari per ottenere i diritti in esclusiva per gli Stati Uniti. Quando, verso la fine dello show, i riflettori sono toccati all’Italia, il tono dei due presentatori Bob Costas e Matt Lauer è passato dal serio al faceto. «Il primo ministro italiano Silvio Berlusconi ha rinunciato ad essere qui stasera insieme agli oltre 80 capi di stato», hanno spiegato ridacchiando i due mezzibusti della NBC, «Perché a Pechino fa caldo. Troppo caldo per lui». Dopo aver ironizzato sull’immensa fortuna di Berlusconi («il più ricco magnate italiano dei media che è anche primo ministro del Paese»), e sulla sua età («a 72 anni è troppo anziano per un viaggio del genere»), i due presentatori hanno concluso spiegando ai telespettatori che «se sei ricco e potente come lui, puoi permetterti di startene a casa a guardare la cerimonia. Comodamente seduto davanti alla tv».

Il tono da sfottò nei confronti del leader italiano era in netto contrasto con quello, serio e rispettoso, riservato agli altri leader presenti sul palco dei Vip – dal presidente francese Sarkozy a quello americano George W. Bush. Ma lo schiaffo in faccia all’Italia non ha risparmiato neppure gli atleti italiani, che sono stati mostrati per pochi secondi, alla stregua delle mini-delegazioni di paesi in via di sviluppo come Mali e Gabon, e al contrario di quelle di altri paesi europei quali Spagna, Germania, Inghilterra e Francia, cui Lauer e Costas hanno dedicato dettagliati ritratti, in elogio ai passati record dei loro atleti. Perché questo doppio binario? Perché umiliare così l’Italia? Che cosa hanno pensato milioni di italo-americani che hanno seguito la cerimonia da casa? Non è la prima volta che la NBC finisce nel mirino durante l’olimpiade. Due anni fa il network era stato criticato dal quotidiano Usa Today perché, durante le dirette da Torino per le Olimpiadi invernali, si era rifiutato di menzionare la storia della Sacra Sindone, finita su tutti i giornali Usa. «Vogliamo tenere la religione fuori dai giochi», si era giustificato allora un portavoce.

Alessandra Farkas

L'Italia sull'orlo della recessione mentre il Cavaliere glissa sugli ultimi dati del Pil

L'Istat ha comunicato ieri, 8 agosto, gli ultimi dati sull'andamento del Pil nel secondo trimestre del 2008: "Si tratta del dato più basso dal terzo trimestre 2003 quando la crescita fu pari a -0,1%". Il Cavaliere torna dunque, e con lui vecchie cifre già viste di stagnazione e recessione.
Oddio, in verità la situazione economica internazionale non è certo delle più rosee, ma mentre negli Stati Uniti il consistente bonus fiscale voluto dal Presidente Bush ha permesso alle famiglie di superare il momento di grave difficoltà senza incidere troppo sulla voce consumi, in Italia la maggioranza pare interessarsi a ben altri temi.
Nel frattempo il Cavaliere glissa sui dati preoccupanti del Pil: "Il dato è quello che è", mentre anche la Confindustria vede ormai l'economia italiana "sull'orlo della recessione".
E pochi giorni fa il dato sconfortante sul crollo dell'Iva del 7%. Dato che rivela il calo dei consumi delle famiglie italiane in tutta la sua gravità.
Dunque i soldi stanno finendo, mentre il Cavaliere annuncia finalmente una politica di austerità e risparmio - coi soldi degli altri ovviamente.
Insomma sta accadendo quello che abbiamo sempre detto. Cioè che l'economia un giorno avrebbe risolto finalmente il problema tutto italiano di una classe dirigente parassitaria e slegata dalle masse, un paese dove la maggioranza disfa e l'opposizione sta a gardare. Un paese in cui la parte sana e laboriosa non ce la fa più a sostenere una classe dirigente che è grosso modo la più pagata e contemporaneamente la più corrotta d'Europa.

giovedì 7 agosto 2008

Dato Censis sui morti sul lavoro: L'uso criminoso della propaganda di regime che nasconde le notizie che infastidiscono

Prologo.
"Vittoria - La Germania vince su tutti i fronti".
I soldati della VI Armata sotto la guida del generale von Paulus sono intrappolati a Stalingrado ed ormai non hanno più speranze dopo che l'ultimo tentativo di liberarli del generale von Manstein fallisce definitivamente.
Natale del '43, un terribile Natale per le famiglie di quei 200 mila combattenti tedeschi ancora vivi a Stalingrado. Il capo della propaganda Göbbels fa diramare dalle radio del paese la notizia che l'"eroica" VI Armata si è totalmente immolata nei furiosi combattimenti in città. Per la causa.
Per la vittoria che arriverà certa.
Ma i 200 mila soldati ascoltano la radio esterrefatti ed atterriti. Solo in 5 mila torneranno a casa dai campi di concentramento russi.

Ma veniamo ora alle cose di cosa nostra.
Spazzatura.
Tanta. C'è. Ma non si vede.
Il Premier che si fa fotografare sorridente a Napoli con la scopetta in mano.
Astuto, perché sa bene che quello che non si vede non esiste. "La situazione a Napoli è risolta" dice lui. Strano che i napoletani la pensino diversamente. A questo proposito invito a visitare il blog Napoli blogolandia con foto e filmati aggiornati di spazzatura vera. Viva e vegeta.

Eppoi ci sono i morti.
I nostri martiri del lavoro.
Ma anche quelli evaporano, ecco, basta non parlarne.
Il Censis ha pubblicato l'altro ieri i nuovi dati sugli infortuni sul lavoro in Italia. "Si muore di più sul lavoro o sulle strade che non a causa della criminalità o di episodi violenti. I morti sul lavoro, infatti, sono quasi il doppio degli assassinati e i decessi sulle strade otto volte più degli omicidi." Mentre "Diminuiscono gli omicidi in Italia, invece. In base ai dati delle fonti ufficiali disponibili elaborati dal Censis, sono passati da 1.042 casi nel 1995 a 818 nel 2000, fino a 663 nel 2006 (-36,4% in 11 anni). Molti di più, invece, negli altri grandi Paesi europei, dove pure si registra, comunque, una tendenza alla riduzione: 879 casi in Francia (erano 1.336 nel 1995 e 1.051 nel 2000), 727 in Germania (erano 1.373 nel 1995 e 960 nel 2000), 901 casi nel Regno Unito (erano 909 nel 1995 e 1.002 nel 2000)".
Ed ora viene fuori pure che Roma è persino una delle piu sicure metropoli d'Europa. Ma solo dopo che il tema sicurezza è stato il cavallo di battaglia decisivo per la vittoria elettorale del Pdl. Un flusso informativo volutamente gonfiato per dirigere l'opinione pubblica verso lidi tradizionalmente di centro-destra.
Ora invece il dato sui morti sul lavoro, in crescita, deve essere ridimensionato. Perché da fastidio.
Come la polvere che si vuole spingere sbrigativamente sotto il tappeto di casa.
Parola di Castelli: "Le statistiche sulle morti sul lavoro che periodicamente ci vengono trasmesse sono fasulle". Secondo il senatore "soltanto in Italia si contano come morti sul lavoro, al fine di poter dare benefici assicurativi da parte dell'Inail, anche le morti che avvengono per incidenti stradali capitati mentre si va al lavoro o mentre si torna a casa dopo il lavoro. Morti che evidentemente nulla hanno a che vedere con la sicurezza in fabbrica... È il momento di smetterla di criminalizzare gli imprenditori italiani. Se infatti estrapoliamo gli incidenti che avvengono in agricoltura e in edilizia, vedremo che in Italia la sicurezza delle aziende manifatturiere è ai migliori livelli europei".
La realtà è che la sicurezza sul lavoro costa. Mentre il morto ben poco. Fino al punto che il rischio per la ditta è un investimento accettabile. E questo governo non ha certo finora rappresentato gli interessi dei lavoratori quanto quelli della grande impresa.
La realtà è che il precariato, fortissimo nel nostro paese, aumenta il rischio di infortuni perché la manodopera è inesperta cambiando spesso occupazione.
La realtà è che la normativa nel campo della sicurezza del lavoro, oltre ad essere poco applicata, non viene fatta rispettare come si dovrebbe. Secondo le stime del Ministero di Giustizia sono ben 150 mila i processi che ogni anno vanno in prescrizione nel campo del lavoro, tema che abbiamo già trattato nel giugno scorso.

Balle
, solo balle sono quelle allora che filtrano dalla macchina precisa della propaganda di regime, la balla della scopetta, la balla della cordata, la balla della bella ed unita famigliola del Premier.
Ma al di là delle balle ci si intossica nei fumi tossici, al di là delle balle si perde il posto di lavoro, al di là delle balle si muore.

domenica 3 agosto 2008

Non disturbate Don Silvio! Come ad Arcore si lavora senza sosta per noi.



Dal sito online del corriere di ieri: "Dura, la vita del premier. Sono le 12.40, Silvio Berlusconi ha finito di parlare, la conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri volge al termine, Mara Carfagna interviene e ringrazia Telefono Azzurro. Mentre il Cavaliere si volta esausto verso il ministro Giorgia Meloni e le mostra un foglio, «guarda come mi fanno lavorare!». Davanti al palco, in prima fila, ci sono Paolo Bonaiuti e il deputato Sestino Giacomoni, «guardate quanti impegni ho!», ripete sventolando loro il testo."
Solo che i fotografi sono la pronti appostati e celerissimi immortalano il momento.
E che si legge sul foglietto?
A parte una inaugurazione di una centrale dell'Enel e una «colazione» al Senato per gli 80 anni di Cossiga (peraltro disertata dal festeggiato "per non trovarmi in imbarazzo e non creare imbarazzo" - ridicolo!), eccolo Don Silvio in tutta una serie di incontri di rito con l'avvocato personale e senatore Ghedini, con l'amico Previti, con le solite fanciulle dell'harem: Evelina Manna, Antonella Troise (le bimbe delle intercettazioni con Saccà), ma anche con la deputata pidiellina Nunzia di Girolamo. Ma solo 30 minuti per lei! Silvio si è fatto svelto, vediamo!
Quindi ne viene fuori il quadretto di un Presidente del Consiglio che, in un momento tanto grave per la vita del paese, continua imperterrito a trattare la Res Publica come cosa privata, che amministra soddisfatto il suo clan con un bravo boss dell'Onorata Famiglia.
Curiosa la nota di autocompiacimento con la nota sul Milan "Al presidente n˚1. Al presidente più vittorioso nella storia del calcio. n˚1 nella storia del calcio...".
Una ultima domanda: Che il Cavaliere ormai creda veramente alle sue stesse cazzate?

mercoledì 30 luglio 2008

Olmert si dimette per le accuse di corruzione. È pazzo!

Storie dell'altro mondo dal medio oriente!
Attentato dinamitardo? Massacro di palestinesi? Nuova divisione dei pani e dei pesci?
No. Niente di tutto questo.
Qualcosa di veramente più assurdo.
Il Premier israeliano Olmert ha deciso di dimettersi per le accuse di corruzione che gli sono state formalmente sottoposte tempo fa. Olmert è sospettato infatti di aver ricevuto fondi illegali da parte del magnate americano Morris Talansky per 150 mila dollari in quattro anni.
Si dimette!
Che scandalo! Niente cannoli? Niente accuse alle toghe rosse? Niente immunità per il Premier? Niente Lodo?
Paese strano questo Israele, certo indietro coi tempi. E uomo ingenuo questo Olmert. ''Dopo l'elezione del mio successore darò le dimissioni per consentire la rapida formazione del nuovo governo", ha spiegato aggiungendo di lasciare la carica "in modo dignitoso", e professandosi innocente per le accuse di corruzione avanzate contro di lui: "Il tempo mi darà ragione", ha assicurato.
Certo un Premier poco cool e non al passo dei rampanti tempi moderni. Ed uno sprovveduto per volersi dimettere per la modica sommetta di appena 150 mila dollari.
Mentre noi abbiamo un Presidente del Consiglio al quale nel processo "Diritti Mediaset" (*) ancora in corso vengono addebitati fondi neri per 280 milioni di euro ed una conseguente evasione fiscale di 124 miliardi di lire tra il '96 e il '99. Naturalmente l'idea di dimettersi per difendersi nelle sedi preposte mai passata per l'anticamera del cervello.
Non so proprio quale sia il paese veramente minacciato di sopravvivenza. Non so proprio il paese nel quale preferirei vivere.

(*) Barbacetto, Gomez, Travaglio - Mani Sporche, pag. 198
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