"Non importa dove si nasce se si combatte per le stesse idee e si crede nelle stesse cose."
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lunedì 23 giugno 2008

Legalità, giustizialismo....ed altro

Audizione di Emilio Pellicani in “Commissione P2″(24 febbraio 1983 Volume III, Tomo XX, pagg. 414, 415, 416)
Massimo Teodori — Per quanto riguarda il dottor Corona, lei parla ad un certo punto del suo memoriale di compensi elettorali: vuole specificare da chi ha avuto queste notizie, di che cosa si tratta e di quale periodo?
Pellicani — II periodo in cui Corona inizia a prendere dei soldi da Carboni parte dal 1980, quando lui era ancora presidente della Regione sarda. In quella occasione credo che lui abbia avuto da parte di Carboni dei finanziamenti provenienti dal gruppo Berlusconi per l’operazione Olbia 2.
Massimo Teodori — Provenienti, scusi?
Pellicani — Dal gruppo Berlusconi, Silvio Berlusconi, Edilnord.
Massimo Teodori — Dal progetto Olbia 2?
Pellicani — Da Olbia 2. In quell’occasione Carboni mi disse di aver già bonificato a varie persone della Sardegna, tra cui l’onorevole Corona, per circa 380 milioni di cui 200 dati all’onorevole Corona ed altri ad altre persone.
Massimo Teodori — Quindi è Carboni che lei ha detto di aver… lei non ha seguito queste pratiche in proprio?
Pellicani — No.
Massimo Teodori — È una notizia che lei ha da Carboni.
Pellicani — Io so perché ci furono addebitati 500 milioni che furono portati da Fedele Confalonieri tutti in contanti a Cagliari mentre Carboni, Berlusconi e Corona erano a Cagliari.
Massimo Teodori — Cioè, furono portati 500 milioni in contanti?
Pellicani — 500 milioni in contanti.
Massimo Teodori — Quante valigie occupano 500 milioni in contanti? E una dimensione che io non conosco.
Pellicani — Una valigetta ventiquattr’ore.
Massimo Teodori — Furono portati a Cagliari dove c’erano…? Può ripetere?
Pellicani — Dove c’erano Silvio Berlusconi, Flavio Carboni ed Armando Corona. Però i soldi non furono consegnati tutti; Carboni disse che aveva consegnato tutti i soldi, mentre in realtà, in quell’occasione, credo abbia distribuito 280 milioni e di questa distribuzione vi è traccia sempre nei documenti dati alla magistratura.

Beppe Niccolai da Rosso e Nero dal “secolo d’Italia” del 30 luglio 1982:
“..non contestiamo la libertà di fare i miliardi, buttandosi in politica, in pochi anni. Per carità! Solo ci dovrebbe essere un dovere tassativo: quando si fanno i miliardi, specie velocemente, per se e per i potenti di cui si è portaborse, si deve dichiarare la ricetta, grazie alla quale si è divenuti miliardari. Altrimenti il … gioco non torna.”

Non solo non si dichiarano le origini delle proprie fortune.
Si cerca pure di evitare un chiarimento giudiziario, su presunti fatti , che rivestono rilevanza penale.
Con leggi ad personam.
Fatte queste debite premesse, occorre dire che purtroppo, si risponde all’iniziativa del presidente operaio con bandana con atteggiamenti che, partendo da una posizione di difesa della legalità, sfociano poi nel giustizialismo.
Gran brutta bestia quest’ultimo.
Ancor più brutto quando a tirar le fila sono ex magistrati che sguazzano in politica.
Si è proprio vero. Sembra di vivere in una repubblica bananiera.
Da una parte il caudillo che si fa gli affari suoi con i soldi nostri. Manda l’esercito nelle strade e la polizia a manganellare la popolazione che chiede garanzie per la propria salute. Ogni giorno annuncia programmi ed interventi come spot pubblicitari, immancabilmente smentiti il di seguente.
Dall’altra c’è chi crede di trovare una soluzione giudiziaria a problemi politici. Soluzione di parte, è ovvio.
E fino a qui è lo scontro tra due caste. Ben consolidate.
Il vero problema è quando il cittadino comune rimane invischiato in questi ingranaggi. Allora nessuna vestale della legalità si straccia le vesti. Nessun girotondo è previsto. Nessuna copia della costituzione viene agitata. La cosa non fa notizia.

Eppure c’è una sentenza della Cassazione penale che dovrebbe fare riflettere. La quale ci ricorda che “… la sentenza di non luogo a procedere ………. rimane prevalentemente una sentenza di natura processuale e non di merito, finalizzata ad evitare i dibattimenti inutili e non ad accertare se l’imputato è colpevole o innocente. Ne deriva che il parametro di valutazione del giudice, cui è imposto di adottare la sentenza di non luogo a procedere non è l’innocenza dell’imputato ma l’impossibilità di sostenere l’accusa in giudizio...”
Sezione IV, sentenza 16 gennaio-14 marzo 2008 n.11335

In sostanza si evidenzia che esiste una casistica in cui l’azione d’indagine è carta straccia.
Che chiaramente è costata tempo, denaro….e magari carcerazione. Tutto materiale inservibile in un dibattimento.
Ebbene vorremmo che questi paladini della legalità ci dicessero cosa ne dobbiamo fare di quei magistrati che hanno portato avanti tali inchieste.
Non con spirito giustizialista. Non è richiesto.
Basterebbe nel rispetto di quel principio che afferma che tutti siamo uguali di fronte alla legge.
Ecco perché ci disturba assai questo spirito giacobino.
Forse per ora è meglio un presunto colpevole in libertà che un innocente in galera.
In attesa di una soluzione.
Che la politica non può farci attendere ulteriormente.

2 commenti:

Clelia ha detto...

Se Dante fosse vissuto ai nostri giorni, sono sicura che il suo “Vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole e più non dimandare” sarebbe riferito alla Magistratura italiana e non al Padre Eterno.
Questa affermazione, che solo apparentemente può sembrare esagerata, affonda la sua ragione nei tanti casi di mala giustizia, perpetrata ai danni di cittadini comuni e non, con il solo scopo di poter far carriera nella magistratura o, peggio, di passare alla più alta gloria che deriva da una comoda poltrona in Parlamento.
Passare dalla Casta della Magistratura alla Casta dei Politici pare non sia stata e non sia una aspirazione di pochi.
Di Pietro ne è l’esempio d’ eccellenza. Ma sono poi davvero così “affidabili” coloro i quali hanno fatto carriera politica brandendo come arma il loro innato giustizialismo?
Perché allora non documentarsi più approfonditamente e guardare anche l’altra faccia dell’Italia dei Valori che è un'associazione privata composta da sole tre persone che gestiscono e controllano tutto il flusso dei finanziamenti ( 22ml di euro di rimborsi elettorali dalla prima campagna elettorale di Di Pietro ad oggi), gestiscono inoltre un numero considerevole di operazioni immobiliari, il tutto condito da bilanci poco chiari zeppi di spese non documentate. L'Italia dei valori, nasce davanti ad un notaio ed è costituita da Di Pietro, Silvana Mura (che Di Pietro definisce sua carissima amica) e da Mario Di Domenico un avvocato, anch'egli amico, che farà ottenere la pensione d'invalidità alla sorella di Di Pietro, Pierina, a tempi di record.
L'associazione (Italia dei Valori) è blindatissima, per entrarvi è necessario essere autorizzati dall'assemblea della maggioranza dei soci, alla presenza di un notaio.
Il presidente dell'associazione, Di Pietro, ha poteri assoluti, può approvare bilanci da solo, può decidere la linea politica, può decidere chi candidare. Mario Di Domenico, il terzo socio fondatore, dopo un po' comincia ad avere delle perplessità, scopre che i 50ml di lire da lui versati all'inizio dell'avventura per finanziare il partito non comparivano nei bilanci, tenta di capirci qualcosa, ma alla fine ha paura possa rimanere invischiato in qualche impiccio e decide di andarsene perchè un giorno qualcuno avrebbe potuto dirgli che "non poteva non sapere".
Di Domenico viene allora sostituito dalla moglie di Di Pietro. Ora quindi, a gestire l' Italia dei Valori vi sono marito, moglie e un amica di vecchia data. Il figlio di Di Pietro è consigliere provinciale in Basillicata, la figlia Anna ha fatto praticantato giornalistico nell'ormai chiuso giornale dell' Italia dei valori, per non dimenticare Cimadoro, cognato di Di Pietro, eletto in passato nelle liste dell'italia dei valori, aveva poi abbandonato per passare all' Udeur, ora torna sui suoi passi e lo attende, per le prossime europee, un posto come capolista nell' Italia Nord Est nel partito di Di Pietro .... Di Pietro a Mastella gli fa un baffo? Grazie ai "poteri assoluti", Di Pietro ha deciso il trasferimento della sede di partito dalla Brianza a Milano, in un immobile sito in Via Casati 1a che, di li a poco, è stato acquistato da una società che si chiama AnToCri (Anna, Toto e Cristiano, i tre figli di Di Pietro), acquistato l'appartamento ha pensato giustamente di affittarlo al partito, l'anno seguente acquista un appartamento a Roma che diventerà la sede del partito nella capitale, anche in questo caso previo contratto d'affitto... un pizzico di conflitto d'interessi??? La tesoriera del partito, Silvana Mura, decide la regolarità del tutto, dimenticando di essere anch'ella coinvolta nella società AnToCri, l’ ex compagno della Mura è amministratore della AnToCri.
Per acquistare il patrimonio immobiliare della società intestata ai figli, Di Pietro ha fatto dei mutui, ma ha tirato fuori in contanti più di 1ml di euro in tre anni... Arrivato a Milano da magistrato Di Pietro non è che nuotasse nell'oro. Entrato in Politica, grazie ad intervento divino comincia ad acquistare appartamenti, coincidenza... forse.
Due appartamenti a Bergamo, uno a Bruxelles, uno a Roma, e altri ancora, più una società immobiliare in Romania in società con Cristiano Testa. La masseria di famiglia è stata ingrandita, ristrutturata e sono stati aggiunti decine di ettari poi piantati a ulivo. Cristiano Testa è stato nominato nel consiglio di amministrazione di un autostrada che si deve costruire in Lombardia, guarda caso dopo che Di Pietro è diventato ministro delle infrastutture. L'essere iscritto all' Italia dei valori, non da diritto di opinare sulla linea politica ne sulla decisione delle candidature ne, soprattutto, di chiedere conto del denaro dei finanziamenti o vedere i bilanci. Molti di coloro che hanno tentato di veder chiaro nei bilanci, sono stati costretti a lasciare il partito. Alle europee Di Pietro fece un accordo politico con Occhetto e Giulietto Chiesa, i rimborsi elettorali ammontavano a 5ml di euro, la somma, dopo i risultati elettorali, era da dividere in due, ma essendosi Di Pietro con astuto ingegno, accollatosi l'onere di depositare il simbolo, il rimborso è per intero a nome di Antonio Di Pietro, che ha pensato bene di rifiutare il dovuto agli alleati. Il machiavellico Di Pietro pensa bene di far firmare prima delle elezioni e a tutti i possibili eletti, un documento in cui rinunciano ai rimborsi elettorali, che, ovviamente, sono destinati al partito e non ad un singolo, non è il caso, credo, delle europee di cui sopra.
Insomma, verrebbe da dire che non c’è peggior politico di un ex magistrato che, in quanto tale, conosce bene le leggi ed il modo di aggirarle. Il divieto di ingresso al Parlamento di Magistrati ed ex Magistrati, alla luce di quanto sopra, sarebbe sicuramente auspicabile.
La domanda sorge spontanea: ma non è che Di Pietro per “Valori” intendesse proprio valori immobiliari ed economici?

Tribuno ha detto...

Cara Clelia,
affermi tout court che "non c’è peggior politico di un ex magistrato"... mah. Io piuttosto direi che non c'è peggior politico di un ex-massone (come il nostro Presidente del Consiglio) o di un ex-bancarottiere, o di un ex-mafioso, tutta gente di cui hai ampia scelta tra i 70 Onorevoli e Senatori eletti con fedina penale sporca. Scegli tu.
Riguardo ai fatti che citi su Di Pietro - qui riprendendo essenzialmente la campagna messa su ad arte dalla stampa berlusconiana (Il Giornale, Libero, Panorama) vorrei farti notare come i fatti che illustri sono privi di rilevanza penale (avendo deciso il gip Luciano Imperiali di non procedere in seguito alle accuse di Di Domenico), magari talora non belli ma largamente in linea con il costume italico.
Mi fa un po' sorridere come si voglia dipingere Di Pietro come il demonio incarnato perché amministra il partito in maniera autarchica, fa investimenti immobiliari e... è un diabolico magistrato!
Cara Clelia, tutti noi ricerchiamo nella famiglia i nostri collaboratori se non ci fidiamo di elementi esterni. Non sarà "meritocratico" ma succede. Apri gli occhi, questa è l'Italia, chi non lo fa?
Di Pietro amministra le finanze del proprio partito in totale autonomia? È forse il suo partito una società per azioni? Nessuno è obbligato ad aderirvi. Non ci trovo perciò alcun fatto disdicevole. Ognuno fa un po' come vuole a casa sua, no?
Menzioni i suoi investimenti immobiliari. Dici che come magistrato non se la passava bene, e che quindi i suoi investimenti sono sospetti.
Scopriamo ora i vantaggi economici che porta la carriera politica?
Avessero anche i politici le pezze al culo come ce le hanno i magistrati! Questo è il vero scandalo, i privilegi della loro Casta parassitaria!
E comunque avrebbe dovuto Di Pietro con i suoi risparmi aprire un fondo per le vittime del berlusconismo?
Tu vedi gli immobili, ma non vedi i debiti. Ed in ultima analisi, finché non compaiono fatti penalmente rilevanti queste restano soltanto illazioni destituite di ogni fondamento.
Sul fatto che i magistrati non debbano essere eleggibili potrei essere anche d'accordo, nell'ottica di una completa separazione dei due poteri dello stato. Ho un dubbio se questo possa portare ad una lesione dell'Articolo 3 della Costituzione quando dice "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese". In poche parole, tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge e hanno gli stessi diritti a partecipare alla vita politica, persino i diabolici magistrati.
Certo, tu mi potrai citare non uno ma mille casi di soprusi ed ingiustizie ad opera della magistratura, mi potrai citare l'autarchia e la volontà da prima donna di Di Pietro, ma io ti voglio rispondere con un paio di altri nomi, De Magistris, Borsellino, Falcone, Forleo.
Non dimentichiamoci di Di Pietro che suo e del Tribunale di Milano è il merito se la prima Repubblica è stata spazzata via in un mare di fango e mazzette.
Dal punto di vista politico non posso che apprezzare la forte opposizione che il partito di Di Pietro esprime nei confronti di questo governo. A lui, come a Bossi quando fa cadere il governo su pur singoli provvedimenti, o alla Destra sociale di Storace quando ci dichiara partito contro le Casta il mio plauso e la mia simpatia.
Perché i nemici dei miei nemici sono miei amici.
Anche per questo attaccare di Pietro nel momento in cui il sovversivismo berlusconiamo si dipana con la massima intensità è tatticamente discutibile. È un errore.

Un saluto.

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